Il MEF sperimenta e intanto il tempo se ne va!
Si è tenuto nella giornata di ieri il Confronto con l’Amministrazione avente all’ordine del giorno la Policy attuativa del co-working, seguito da “varie ed eventuali”.
Per quanto attiene il co-working finita la prima fase sperimentale se ne inizia un’altra.
Si è conclusa, infatti, l’attuale fase “sperimentale”, e, in considerazione dell’implementazione delle postazioni adibite nelle varie sedi e la riduzione dei giorni usufruibili da 7 a 5 mensili, l’Amministrazione ritiene di dover ripartire, appunto, con un’ulteriore fase sperimentale.
Chiaramente (….chiaramente?) l’Amministrazione non ha portato in visione al tavolo alcun dato riguardante la nuova fase sperimentale, come ad esempio la dislocazione delle 350 postazioni previste, per cui ancora una volta andiamo “sulla fiducia”.
Non riteniamo, infatti, che sia la variazione del numero dei colleghi interessati o il numero delle giornate previste a stravolgere l’impianto del co-working e a rendere necessaria la proroga di una fase sperimentale.
L’unica cosa che riteniamo vada realmente sperimentata e valutata, ma non da oggi, è la capacità/volontà della nostra classe dirigente nel gestire tutti gli istituti messi a disposizione dalle norme e dai Contratti Collettivi Nazionali.
Nel merito della Policy abbiamo fatto notare come non sia attuabile la prevista revoca dell’Accordo senza alcun preavviso e che la “pesatura” dei titoli di preferenza, valutati per accedere all’istituto, siano mal distribuiti (ad esempio solo 1 punto per chi abbia “una residenza in una Regione diversa dalla sede ordinaria di servizio”, quando forse proprio chi si trova in questa situazione necessiti maggiormente di accedere al co-working).
Non ci piacciono i tanti, troppi laccetti e lacciuoli previsti, in quanto alla fine non si sta più parlando in una diversa organizzazione del lavoro, di un impulso verso il raggiungimento del benessere lavorativo che passa anche attraverso l’ottimizzazione dei tempi vita-lavoro, bensì trattasi delle “solite” concessioni a chi sì e a chi no, a chi al 100% e a chi il 10%, con un discrimine basato non su fatti oggettivi, pesati e valutati, ma sul “momento” del Dirigente di turno.
La Pandemia, oltre a tutte le conseguenze nefaste che ha portato, ci avrebbe dovuto far comprendere come altre forme di lavoro sono possibili, più sperimentazione di quella fatta sul campo………
Riteniamo che tutte le varie tipologie di lavoro da remoto non debbano più essere legate direttamente ad una forma di assistenzialismo, per cui solo se mi certifichi che rientri in queste casistiche posso valutare se concedertele, ma vadano intese come diverse modalità con le quali svolgere la propria attività lavorativa.
Gli “Accordi Individuali” non vengono firmati con il sangue né bollinati da nessuna autorità soprannaturale, sono revocabili nel momento stesso in cui ci si accorge che il dipendente non corrisponde nel modo più congruo ai compiti assegnati.
Tutto il resto è noia, chiacchiere fuori tempo storico, ma che incidono pesantemente sulla vita delle colleghe e dei colleghi.
Roma, 09/02/2024
Il Coordinatore Nazionale
Walter Marusic
Il lavoro agile dovrebbe essere la forma abituale ( integrale ), non più legato ad alcuna pandemia, per tutti i soggetti che hanno compiuto 62 anni ( in piu’ fragili e pendolari ) fino al raggiungimento della pensione ( 67 anni ).
Il lavoro agile dovrebbe essere sdoganato da qualsivoglia fattispecie, unica condizione la funzionalità dell’Ufficio che il Dirigente deve saper garantire.
Età, residenza, leggi speciali e quant’altro sono sempre e comunque limitativi e retrogade in un mondo che va in tutt’altra direzione.
Grazie